Come per molti classici, ho targiversato molto prima di iniziare Madame Bovary. La sensazione è sempre la stessa: quel mix di reverenza e fastidio per un libro che tutti conoscono ma spesso quasi nessuno ha letto davvero.
Se è un classico, deve essere per forza palloso...
Che danni che fa le scuola, mannaggia a lei!
Mai pensiero fu più errato!
Dopotutto Flaubert scrive furiosamente per farsi leggere, per guadagnarsi da vivere; quindi il target a cui rivolgersi erano persone che avevano molto tempo da riempire, annoiate e danarose.
In poche parole signorine o signore borghesi e ricche che certo avevano voglia di svagarsi, non rompersi la testa su un libro noioso.
Forse è proprio questo che dovremmo ricordarci: molti romanzi sono stati scritti da persone che lo facevano di mestiere e che dovevano vendere le loro opere per poterne trarre guadagno.
Altro punto fondamentale è che da Omero in avanti, anzi, dalla saga di Gilgamesh in avanti, gli intrecci che funzionano sono sempre quelli: amori più o meno felici, fughe, combattimenti, furti, eroismi. Quindi un libro che funziona e vende ha sempre degli elementi che risuonano nel gusto del lettore di qualsiasi epoca; perciò è molto probabile che in un libro classico ci sia un elemento tipico che attrae.
Per questo, dal mio punto di vista, diventano classici quei libri che resistono al passare del tempo e delle epoche continuando a sussurrare all'animo dei lettori anche fuori dal loro ambiente di origine.
Madame Bovary è questo, è una storia che tolta dal suo tempo e ambientata oggi avrebbe la stessa potenza descrittiva e illuminante.
La vicenda è presto detta: Emma Bovary, infelice e annoiata moglie di un anonimo medico di campagna, sogna una vita più avventurosa e un amore da togliere il fiato. Diventa amante prima di un signorotto locale e poi di una antico corteggiatore che si rivelano non all'altezza dei suoi sogni. Oppressa dai debiti e ricattata da un usuraio, decide di togliersi la vita.
Il finale è così conosciuto che la mia edizione non ci pensa un minuto a sbatterlo in quarta di copertina.
D'accordo, lo sanno tutti, ma un minimo di sorpresa, no?
Eppure la sorpresa c'è, eccome. Io ho passato tutto il libro a pensare che si sarebbe ammazzata perché profondamente delusa dalla realtà dei fatti, perché si rende conto che il meglio a cui anela sempre lei non esiste e la sua continua ricerca è destinata inesorabilmente a fallire... e invece no, si ammazza perché è sommersa dai debiti fatti per compiacersi e compiacere i vari amanti e non sa come confessarlo al marito e come far fronte alle proprie responsabilità.
Adesso che mi soffermo su questo punto mi rendo conto che la mia interpretazione è molto più da romanzo novecentesco. Il nichilismo, il pessimismo, l'insensatezza dell'esistenza sono tematiche più vicine a Camus o a Svevo e Pirandello che a scrittori di metà Ottocento.
Indipendentemente dal motivo che la spinge al suicidio, la forza di questo libro sta nell'accurata descrizione dell'animo, dell'interiorità di Emma. Per quanto possa far venire l'orticaria perché sembra totalmente scollegata dalla realtà che la circonda e persa nelle sue fantasie romantiche, è comunque una donna descritta con acutezza e delicatezza. Flaubert ce la mostra in tutte le sue sfumature, raccontando quelli che prova attimo per attimo, mostrandocela indifesa alle scaltrezze e meschinità dei suoi amanti e proprie.
Non solo Emma è un personaggio complesso e intimamente descritto, anche suo marito -che ama la terra dove cammina Emma, ma fino all'ultimo non la comprende-, gli amanti e i personaggi di contorno hanno una loro vita interiore fatta di convinzioni, slanci e piccole e grandi meschinità.
Prima di Flaubert nessun uomo era probabilmente stato in grado di mostrarci una donna così in profondità. Dopo di lui mi viene in mente Ibsen con Casa di bambola (anche perché l'ho visto a teatro in concomitanza della lettura).
Per concludere: meraviglioso. Emma fa venir voglia di prenderla a sberle ma non sarebbe lo stesso se non fosse scritto così superbamente.
E io cosa leggo adesso?
Letto quando ero troppo giovane, lo ricordo di una noia abissale. Ricordo i miei vani tentativi di empatizzare con Emma, solo quando portava fuori il suo cagnolino, a tratti, mi sembrava di sentirla vicina, per il resto non sono l'avrei presa a sberle, ma non riuscivo neppure a capirla. Accolsi il suicidio come una liberazione. Forse, letto oggi, mi apparirebbe diverso, ma temo che il nostro rapporto sia ormai compromesso.
RispondiEliminaImmagino che leggerlo da adulta e non da adolescente o giovane adulta faccia la sua differenza. Ho trovato Flaubert fine descrittore dell'animo umano, in questo caso femminile, con tutti i pensieri, aspirazioni e dolori... indipendentemente dalle rane nel cervello di Emma.
RispondiEliminaQui a casa sta piacendo moltissimo.