E oggi chi sono?

La mia foto
Condannata dal vizio della lettura veloce a divorare libri su libri mi sono resa conto che mi piace non solo sfogliarli, annusarli, toccarli, prenderli e darli in prestito, rubarli, nasconderli, regalarli... ma persino parlarne fino all'esaustione.

sabato 7 dicembre 2013

Bestie - Joyce Carol Oates (2002)


Più riguardo a Bestie
Non so come ho fatto ad imbattermi in questo libro - molto probabilmente è un deposito di marea proveniente dagli acquisti compulsivi dell'alto potenziale che mi gira per casa - ma so cosa mi ha fregato: una quarta di copertina estremamente accattivante che presentava l'autrice come una delle voci più prestigiose e affascinanti della letteratura americana contemporanea e il racconto come una superba fiaba dark piena di suspence in cui l'idillio luminoso e solare della vita di un campus universitario del New England sfocia in un incubo tobido e morboso. AAARRGGG!!!
Scusate l'ululato di dolore e frustrazione, ma mi si arruffa ancora tutto il pelo al pensiero della bruttezza e ovvietà di questo racconto lungo. La storia è di una desolante banalità: giovane innocente e appassionata di letteratura (come se fossero tutte delle silfidi in boccio, ingenue e diafane...) si innamora perdutamente del suo torbido professore che miete incontri sessuali e schiave sessuali e domestiche per se stesso e la sua morbosa moglie scultrice parigina.
Finisce in tragedia.
Tragedia annunciata dalla prima pagina, scontata come la scomparsa dei miei occhiali da vista un secondo dopo aver tolto le lenti a contatto.
Nessuna suspence, solo voyerismo spinto, citazioni letterarie che fanno sempre torbido insegnante di lettere (ma porcaccia schifa, gli insegnanti di matematica non fanno sesso e non vorrebbero irretire le loro allieve in boccio sulla scrivania ingombra di derivate e integrali?), insulse presunte analisi dei personaggi che in realtà si muovono su strade così prevedibili da far slogare la mandibola per gli sbadigli, altro che suspence!

Ecco, questo libro ha solo un punto a suo favore, mi ha fatto arrabbiare! Non mi ha lasciato indifferente, che non è sempre scontato per un libro brutto.
Io che inglobo come un blob zen qualsiasi prodotto della carta stampata per chetare almeno per un po' la bestia onnivora che si agita dentro di me, io che ho letto roba supercommerciale senza battere ciglio (no, 50 sfumature di tortura psicologica e assoggettamento a una cultura maschilista che ci vuole ingenue bambole da sottomettere, no, non l'ho letto... ma tutta la saga twilight, sì, ad esempio)... insomma, io che posso leggere un po' quello che capita, questa volta non ce l'ho proprio fatta a non farmi venire i cinque minuti di sclero!
E' un libro brutto, scontato e che delude moltissimo le aspettative del lettore. Merita questo post solo perché, nella sua bruttezza, mi ha fatto tracciare dei confini su quello che, come lettrice, posso accettare o no da un libro.

Bestie, sei brutto, ma grazie.

E io cosa leggo adesso?

P.S. leggo tutta la saga di Hyperion di Dan Simmons... ah, che immensa gioia ritrovarla fresca e meravigliosa dopo così tanti anni!

mercoledì 20 novembre 2013

Tutti i racconti gialli e le indagini di Padre Brown - Gilbert Keith Chesterton (edizioni varie dal 1911 al 1935)

Più riguardo a Tutte le storie di Padre Brown
Non è decisamente la mancanza di lettura che mi tiene lontana da questo blog, visto che ho letto davvero tanto in questo periodo... e forse neanche la mancanza di tempo, perché, sebbene finalmente io abbia un lavoro che paga un po' di bollette, mi impegna solo il pomeriggio e quindi la mattina sarebbe, virtualmente, tutta per me. Neanche gli impegni della famiglia, abbastanza autosufficiente, mi tiene lontana dalla scrittura... credo sia proprio la mia personale incapacità di distaccarmi dalla vita concreta, dal contingente, dall'immediato, quando sono più sotto pressione, che mi ha tenuto lontano da questa pausa tutta mia, da questo momento in cui sono obbligata a fermarmi, a chiudere fuori tutto il resto e a pensare. Ah, che esercizio difficile quello del pensiero fine a se stesso, quasi come prendere un respiro in maniera consapevole. Bisogna tenersi in esercizio, altrimenti si respira e si pensa solo per sopravvivere e certo non siamo fatti solo per sopravvivere.
Grazie a chi si prende cura di richiamarmi all'ordine, so di aver bisogno di un paio di prof che mi ricordino il dovere che ho con me stessa di pensare e respirare! ;)

Il libro che volevo volevo volevo recensire è proprio questo qui. 718 pagine di racconti brevi tutti incentrati sullo stesso personaggio e tutti gialli. Ok, devo ammettere che questa abbuffata mi ha fatto rischiare una vera e propria indigestione! E' stato faticoso arrivare alla fine, però ha avuto un che di formativo... ovvio, non è Guerra e Pace, ma è stato comunque un'avventura portare a termine la lettura.
Ero stata lungamente avvertita dall'ottima prefazione a questa edizione integrale a tutti i racconti di Chesterton che hanno come protagonista Padre Brown. Masolino D'Amico (non sembra un nome così tardomedioevale anche a voi?) segnala, oltre ai temi e alle strutture che si ritrovano puntualmente nei racconti, anche una certa insofferenza per la lettura continuativa di tutti i racconti.
Apro una piccola parentesi riguardo il mio rapporto con introduzioni, postfazioni, quarte di copertina e commenti a parte. Io leggo tutto! Ma tutto, eh... le introduzioni per me sono imprescindibili, anche se magari le ha scritte qualcuno che non ha mai letto il libro, ma come faccio a saperlo, a formarmi un'opinione sull'introduzione se non la leggo? Ritengo che le introduzioni mi aiutino a focalizzare meglio cosa sto andando a leggere e la quarta di copertina non racconti per niente la storia all'interno... anzi, di solito quando le rileggo dopo aver finito il libro, mi chiedo quanti di quelli che scrivono la mini trama che serve per accattivare il lettore, leggano davvero il libro o interpretino a loro modo un riassunto dato dall'autore...
Al di là delle nostre piccole divergenze domestiche sull'opportunità o meno di leggere intro e riassunti, Masolino D'Amico dimostra di essere un lettore appassionato e sagace dell'opera e dà un consiglio che io mi sento di girare a chi si incammina sulla mia stessa strada: non leggeteli tutti di fila! Sono deliziosi e onesti quadretti gialli con delitto, colpevole e soluzione... ma sono millemila! Sempre con la stessa struttura di delitto, ricerca del colpevole, spessissimo con fraintendimento dei pensieri di Padre Brown, risoluzione del delitto, più o meno arresto del colpevole. E' come una gigantesca scatola di cioccolatini... i primi tre, quattro, dieci, quindici (dipende dalla vostra dipendenza da cioccolato... o da lettura compulsiva) sono deliziosi e ne vorreste ancora ancora ancora... al quarantesimo sareste travolti letteralmente dal disgusto!
Un vero peccato! Un peccato che si commette nei confronti di racconti per la maggior parte ben strutturati e dei gialli "onesti" come piacciono a me.

Un giallo onesto, per quel che mi riguarda, è un racconto che mi dà, in potenza, tutti gli strumenti per risolvere il caso per conto mio, senza dover per forza aspettare che tutto mi venga descritto perché qualcosa è stato volutamente tralasciato perché sia solo l'intelligenza dell'investigatore a primeggiare... un paio di racconti di Conan Doyle hanno questo sotterfugio indegno del rapporto di fiducia che ogni lettore di giallo instaura con lo scrittore. Quelli di Chesterton sono gialli onesti, alla cui risoluzione alcune volte sono giunta prima della fine... e questo personalmente mi diverte, perché mi fa sentire intelligente. Non deve però succedere troppo spesso, altrimenti è persino troppo facile e quindi noioso.

Ecco, quello della possibilità di vincere al gioco della risoluzione è uno dei punti di forza di questi racconti, un altro sono le descrizioni vivide dei paesaggi, Chesterton ha la capacità di descrivere le sfumature di colore e atmosferiche degna dei paesaggisti settecenteschi o dei romantici tedeschi.
"Lo sfolgorio di un lampo sbiancò il bosco grigio evidenziando tutto il fogliame raggrinzito fino all'ultima foglia ricurva, come se ogni dettaglio fosse stato tracciato con una punta d'argento o inciso nell'argento. Lo stesso lampo parve registrare e mettere in risalto milioni di come minuscole in un singolo istante, dall'elegante disordine di una tovaglia per il picnic sotto l'ampio albero, fino al pallido nastro della strada tortuosa alla cui fine stava attendendo un'automobile bianca. In lontananza, una melanconica magione con quattro torri simili a un castello, che nella grigia sera non era altro che un fioco e distante ammasso di mura simili a una nube frastagliata, sembrò spuntare sullo sfondo ergendosi con il suo tetto merlato e le finestre vuote e fisse." (Il grande dolente di Marne, p. 566)
So che ci va di mezzo anche l'abilità del traduttore, ma sembra solo a me che questa descrizione sia tutta sui toni del bianco, del grigio e del nero?

Il punto su cui vorrei concludere è l'umanità di Padre Brown, un prete cattolico descritto come un omuncolo trasandato e insignificante che però ha davvero un cervello di prim'ordine. E' con il suo acume indiscusso che risolve i casi più intricati, ma è con la sua profonda conoscenza della debolezza umana che mette in gioco la compassione, come quel patire assieme che viene suggerito dall'etimo. E quindi ci sono assassini che si pentono dopo una chiacchierata/confessione con il nostro pretino e assassini che non vengono affidati alla giustizia secolare perché si sono pentiti profondamente nel loro cuore. Non c'è mai quel senso di superiorità da ego te absolvo, ma una profonda empatia per la fragilità che tutti ci portiamo nel cuore.
"Siete un diavolo?" chiede un criminale smascherato, a cui Padre Brown risponde: "Sono un uomo, e pertanto ho tutti i diavoli nel cuore."

Questi sono alcuni dei temi di questi racconti, quindi il mio consiglio è: leggete l'introduzione che è davvero ben scritta e interessante e poi leggete due o tre racconti.
Dedicatevi ad altro.
Leggete qualche altro racconto.
Proprio come peschereste da una scatola di deliziosi cioccolatini.

E io cosa leggo adesso?


Caspar David Friedrich, Abbazia nel querceto.

giovedì 17 ottobre 2013

Il dio delle piccole cose - Arundhati Roy (1997)

Più riguardo a Il dio delle piccole cose

Ho rimandato la lettura di questo libro una quantità di volte quasi imbarazzante perché avevo la tipica sensazione di ripulsa davanti ad un libro estremamente famoso-famigerato-chedeviassolutamenteleggere... peccato!
Decisamente peccato per me, perché è stata una lettura davvero commovente e che mi ha catturato come pochi libri hanno fatto ultimamente.
L'attacco, le prime pagine, sono un po' ostiche perché seguono la linea di pensiero di due fratelli gemelli ormai adulti, che si ritrovano e ripensano al loro passato e ai motivi e ai fatti che li hanno separati. Bisogna saper resistere e farsi scorrere addosso quella sensazione di realismo magico e di saga familiare che richiama La casa degli spiriti o Cent'anni di solitudine...
Eh già... nella mia lettura supponente e prevenuta ho pensato pure "ecco qui un'altra serie di sfighe in una famiglia super speciale!"... deve essere un periodo un po' acido della mia vita, mi sa. E invece, ecco qui a stupirmi con effetti speciali uno racconto che è pura poesia, che parla d'amore - di qualsiasi tipo d'amore - e negazione e di follia e di come l'amore ti faccia diventare coraggiosa come un leone e la mancanza d'amore inaridisca ogni umanità. Tutto descritto con freschezza di emozioni e di immagini.
Il libro è assolutamente da leggere e non perché è un libro che tutti conoscono, ma perché il lento dipanarsi degli eventi, la tragedia che viene ricordata ma non spiegata fino alla fine, le motivazioni dei personaggi che prendono corpo e vita via via che la lettura avanza, la potenza e il fulgore di certe descrizioni che lasciano senza fiato, l'apparizione di un'India non più inedita, ma che ha un cuore pulsante di contraddizioni e di misteri, tutto questo, insomma, mi ha tenuto sveglia la notte per poter continuare a leggere ancora qualche pagina e poi qualche altra pagina ancora... e questo per me è il metro di giudizio principe per farmi amare un libro.
Buona lettura a voi, ma io cosa leggo adesso?



venerdì 4 ottobre 2013

Nella terra del mito - Dario e Lia Del Corno (2001)

Più riguardo a Nella terra del mito

Giustamente cazziata da un'amica, sono andata a controllare la date dell'ultima pubblicazione... Oddei! TRE SETTIMANE FA! Ehm, non ci sono scuse che tengano (sebbene io ne abbia a bizzeffe... lavoro dopo oltre un anno di inattività, una casa che non si sistema da sola, la vita... le cavallette!!! Ok, le cavallette, no... ma qualche bestiola strana per casa, sì!) quindi eccomi qui di nuovo a prendermi un po' di tempo per le mie amate letture.
Nella terra del mito mi ha colpito da molti punti di vista. Innanzitutto è una raccolta di miti dell'Antica Grecia e già questo mi appassiona, ma il quid che fa davvero la differenza è la struttura su cui questa mitologia è stata montata. Il filo conduttore non è quello dinastico o per tematiche, bensì geografico. I miti vengono raccontati per regioni della Grecia e quindi, qualcosa che poteva essere materia per noiosissime lezioni di epica o versioni di greco, diventa una guida particolareggiata per un viaggio tutto da organizzare.
Lo stile è leggero, anche se Dario Del Corno è autore di antologie e storie della letteratura greca, che di solito non sono libri che brillano per frizzante glamour, le regioni di interesse vengono introdotte da un piccolo episodio tratto dai loro viaggi e dalla loro esperienza, regalando la sensazione di essere lì con loro, seduti magari su un masso, davanti le rovine di un tempio o di un teatro a farsi raccontare dalla loro viva voce le vicissitudini di eroi e semidei.
Un consiglio di lettura per qualsiasi insegnante voglia o debba spiegare i miti greci ai ragazzi!
Una piacevolissima lettura per tutti quelli, come me, a cui è caro l'Olimpo.

E io cosa leggo adesso?


EDIT: se non stessi già leggendo altro, questo sarebbe un ottimo consiglio di lettura!

lunedì 9 settembre 2013

L'ultimo cavaliere - Stephen King (prima ed. 1982 - revisione 2003)

Più riguardo a L'ultimo cavaliere


ovvero

L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.

Se dovessi dire quale libro mi ha accompagnato nel passaggio tra infanzia e adolescenza io indicherei senza ombra di dubbio proprio L'ultimo cavaliere di Stephen King. Questo, dal mio punto di vista, giustifica l'amore viscerale e smodato che ho per questo libro - l'affetto di una non più bambina ma neanche donna ha la dedizione assoluta dell'infanzia e la passionalità estrema dell'adolescenza - nonostante i punti deboli effettivi.

Il sottotitolo che ho scritto è l'incipit del romanzo e credo sia uno di quegli inizi che restano tatuati nel cuore, quelli che in una riga raccontano una storia e ti aggiogano al loro percorso, che tu lo voglia o no. L'azione si apre in medias res, insomma, in mezzo all'azione e quello che si viene a scoprire pagina dopo pagina è che L'Uomo in Nero è uno stregone traditore infido (e pure un po' bastardo mi sento di aggiungere) che ha vitali informazioni per il pistolero, altrimenti conosciuto come Roland Deschain della Baronia di Gilead, ultimo pistolero e ultimo della sua stirpe. La figura di Roland, così spietatatamente dedito, schiavo della sua ricerca della Torre, è stata un punto di svolta nella mia tarda infanzia perché mi ha mostrato un buono, un eroe, un protagonista non tutto circonfuso di buoni sentimenti e buone azioni, ma un uomo pericoloso anche per chi è dalla sua parte, un uomo solo nel suo cammino e completamente preso dal suo scopo. Una bella legnata in testa alla bambina che credeva che i buoni fanno solo buone azioni e i cattivi sono un'altra cosa... ma anche una bella lezione da imparare per la giovane che si affacciava al mondo. 

Roland, sebbene ombroso, mortale, totalmente incapace di amare, è uno di cui - per chi non ha dimenticato il volto del proprio padre -  tutti saremmo pericolosamente attratti. Da lui, dai suoi silenzi, dalla sofferenza che lo accompagna come una vecchia amica, dal ricordo dei suoi compagni che lo scorta sempre, ma, soprattutto, dalla sua smodata ricerca della Torre. Perché tutti abbiamo nel cuore un'impresa, perché l'eroe solo alla ricerca di un misterioso manufatto è uno dei topoi più antichi e quindi uno di quelli che colpisce più profondamente la fantasia un una giovanissima appassionata di lettura.

L'ultimo cavaliere è stato anche il mio primo incontro con Stephen King, il primo incontro con la sua prosa facile da seguire, densa di immagini vivide e soprattutto crude - è famosa la sua passione per la descrizione minuziosa dell'interno delle interiora umane quando vengono dilaniate in caso di morte violenta (citando così a braccio, quando il pistolero chiede a Jake se vuole ricordare i dettagli della sua morte quando lo ipnotizza, Jake risponde una cosa tipo "ho sentito il sapore della mia merda in bocca quando la macchina mi è passata sopra, non voglio ricordare"). Questo primo incontro è stato amore a prima vista, non solo per la serie della Torre Nera (una ricerca lunga sette libri e durata 26 anni: dall'ottobre 1978 data della prima delle sei parti uscite su una rivista al 2004, data di pubblicazione dell'ultimo libro), ma per tutti i libri di questo autore che mi ha regalato passioni folli (IT, L'ombra dello scoprione, The dome, Shining, Il talismano - altro di genere fantasy, se può piacere) e poche delusioni (The cell).

L'ultimo cavaliere è, come facile ormai intuire, il primo di una serie di libri, quindi non si può dire che tutto sia concluso e spiegato, ma ci viene fatto una bella introduzione sul personaggio principale, di cui si può innamorarsi e insieme esserne spaventati, il mondo in cui si muove, in cui l'ambientazione medieval-western corre parallela ad un futuro in cui le macchine si stanno spegnendo o impazziscono, e il motivo che lo spinge all'azione, trovare la Torre Nera e salire fino all'ultima stanza. Io lo trovo una lettura veloce e appassionante, l'edizione che ho (non la reliquia che ho letto per prima nel tempo che fu) consta di 220 pagine scritte abbastanza larghe, e quindi potrebbe essere un regalo azzeccato per un adolescente che non disdegna leggere (e poi ricordiamoci della fregatura... se lo appassionate a questo ci sono altri sei libri in ordine crescente di pagine che lo aspettano e bramano di essere letti) oppure una lettura facile in cui però investire un po' di immaginazione (ehm, non dimenticate la fregatura precedentemente descritta, però!)... il problema però, per me, è stato, e sarà sempre, che se inizio a leggere questo, poi non mi fermo più finchè non li ho letti tutti!

Per me avrà sempre un posto speciale nella libreria del mio cuore...perché non è la meta, ma il viaggio fatto assieme che cambia la vita!


E adesso cosa leggo? 

Momento ancor più tragico in cui cerco di non ricominciare di nuovo  il viaggio perché

Finale è solo un sinonimo di addio.

La Torre Nera pag. 1089

venerdì 16 agosto 2013

Seggio vacante - J.K. Rowling (2012)

Più riguardo a Il seggio vacante

Io non sono una che piange facilmente per film e soprattutto libri... anche se mi rendo conto che è più facile per me farmi prendere dall'emozione leggendo, piuttosto che guardando un film.
Questo attacco ovviamente significa che questo libro, contro ogni aspettativa, mi ha fatto piangere. Ho letteralmente chiuso il libro con gli occhi appannati di lacrime e me ne sono sorpresa io per prima.
Ecco, non è un libro triste, questo vorrei chiarirlo subito... non è la versione 2.0 di Love Story (che, a suo tempo, mi aveva lasciato decisamente tiepidina... oh, che cuore di ghiaccio che sono!). No, tutt'altro. Racconta di una cittadina come un microcosmo in cui tutti potremmo trovarci a vivere, con personaggi tratteggiati in maniera talmente verisimile da turbare o da far pensare che l'autrice stia raccontando di persone che vivono nella casa accanto alla sua, con i loro pregi ma, soprattutto, con tutte le loro idiosincrasie, meschinità e violenze nascoste sotto una patina di rispettabilità.
In questo libro non succede, letteralmente, niente. 
No, ovviamente non è vero, ma l'evento cruciale che mette in moto tutta l'azione succede in un lampo - la morte di un quarantenne padre di famiglia e pilastro della società - e tutto il resto precipita a valle come una valanga che prima si manifesta con lo slittamento di alcuni ciottoli - lo shock di chi si trova suo malgrado ad accompagnare la moglie nella corsa disperata all'ospedale - ma poi si propaga a tutta la comunità attivando tutta una serie di eventi che non sono Storia, ma che cambiano in modo permanente il sentire interiore di ogni personaggio coinvolto. E il cambiamento non è mai qualcosa da sottovalutare!
I due punti di forza che mi hanno fatto amare questo libro fino a non riuscire letteralmente a staccargli gli occhi di dosso sono il tratteggio dei personaggi - nonostante l'alto numero di attori in scena e il fatto che saltasse da uno all'altro seguendo connessioni alle volte appena accennate, riuscivo sempre a capire di chi stesse parlando e a che punto fossimo dell'evoluzione interiore di ognuno... cosa non da poco per qualcuno come me che si perde subito e si annoia a dover riannodare ogni volta i fili - e l'acuto dipanarsi di una comunità con tutti i suoi meccanismi a vista. L'autrice prende una tipica piccola comunità occidentale e la smonta come se fosse un giocattolo per mostrarci, come in un esperimento scientifico, cosa succede quando un evento improvviso e imprevedibile si abbatte su un microcosmo che si percepiva immutabile e indistruttibile. Ho trovato una lucida e incalzante analisi delle piccolezze e le grandezze di ognuno di noi e il racconto dell'evolversi di ognuno mi ha tenuto inchiodata a questo libro fino alla fine.
Una lettura che vale una, o più, nottate insonni!


Uh, en passant, non dimentichiamoci che è l'autrice della saga di Harry Potter e che questo mi ha dato accesso ad un mondo per cui le sarò per sempre grata.

giovedì 8 agosto 2013

Se ti abbraccio non aver paura ~ Fulvio Ervas (2012)


Più riguardo a Se ti abbraccio non aver paura

Dopo aver affrontato le ennemila pagine dei Promessi - tutto tempo ben speso, ma comunque impegnativo dal punto di vista della dedizione -, avevo bisogno di leggere qualcosa di un po' più agile e la mia infaticabile procacciatrice di letture mi ha offerto prima Il negozio di giocattoli di Angela Carter - la cui scrittura carnosa e torbida questa volta lascia una sensazione di malessere appiccicoso addosso... molto più belli, dal mio punto di vista, Notti al circo e La camera di sangue -,  e poi questo libro. Avrebbe dovuto essere un libro cuscinetto per poi decidere a quale altra lettura dedicare un post e invece si è dimostrato materiale interessante.

Viaggio, quanti libri di viaggio
Ho iniziato a leggere con la certezza un po' spocchiosa di aver letto decine di libri di viaggio* e almeno una decina di libri su varia disabilità**. Ecco perché, senza togliere nulla all'opera, ho pensato fosse un buon libro con cui passare il tempo prima di darmi a qualcosa di più denso.
Eppure, anche se non è un'opera immortale, mi ha regalato un po' di tempo ben speso in una lettura ben orchestrata e alcuni spunti di riflessione, qualche risata e qualche strizzata di cuore.

Allegretto ma non troppo
Raccontare il mondo altro di un figlio autistico non è mai facile, ma questo padre, insegnante in un liceo, che si inventa un viaggio in moto attraverso due Americhe, lo fa con una freschezza disarmante. Il racconto è in prima persona anche se poi a metterlo su carta è uno scrittore professionista, così ci sembra di essere dentro la testa e dietro agli occhi di quest'uomo che prova in tutti i modi a entrare in contatto con uno spazio mentale che gli è precluso.
C'è spazio per ridere, per meravigliarsi dello sconfinato paesaggio americano che sembra essere sempre sul punto di ospitare un set cinematografico, c'è spazio per arrabbiarsi o per commuoversi di fronte alla varia umanità che si incontra nel proprio cammino.
Il tono cerca di mantenersi sempre leggero, perché della disabilità bisogna anche saperne ridere, ma in ogni pagina non si manca mai di sentire quanto l'amore sia una conquista che si dona, perché entrare in contatto con Andrea è faticoso, ma non si può smettere di provarci anche quando sembra una sfida troppo grande per dei poveri esseri umani.

Veglia, sesso e morte
So che sembra un titolo di  Tarantino su delle pompe funebri hardcore, ma sono solo i tre momenti per cui questo libro ha meritato di essere letto.
Veglia: è facile pensare ad un adulto normodotato che si prende cura di un ragazzo autistico, più difficile è immaginare lo stesso ragazzo che veglia il padre malato. Eppure, quando proprio non si può contare su nessun altro e il corpo tradisce sebbene non se lo possa permettere, il padre si mette a letto e prega il destino che Andrea non decisa di andare a farsi un giro proprio nel mezzo della notte. Invece la preoccupazione attraversa quella giungla intricata che è la mente di un ragazzo autistico e Andrea resta accanto al padre tutta la notte. Quando provano a comunicare su quel che è successo esce con tutta la naturalezza possibile un pezzo di rara poesia in cui un ragazzo sorveglia il proprio padre malato e non c'è niente di più normale al mondo. Sveglio sono stato a guardarti. So che dormendo si guarisce e andrea è stato vicino. (pag. 187)

Sesso: già è difficile per ogni genitore affrontare il momento in cui il proprio bambino si affaccia su quello spazio aperto che è la maturità e la sessualità, c'è da chiedersi come faccia un padre di un figlio disabile. La risposta che dà questo libro è che lo si affronta con le stesse paure, le stesse piccole attenzioni rispettose e lo stesso orgoglio di vedere il proprio figlio che cresce. La sessualità nella disabilità è un argomento tabù, come se questi ragazzi e ragazze, donne e uomini non potessero accedere alla propria fisicità a causa dell'handicap e fossero solo angeli asessuati, senza bisogni da adulti. Qui l'argomento è affrontato come uno qualsiasi dei passi che Andrea fa nella vita, come un ragazzo qualsiasi che ha incontrato una ragazza che potrebbe piacergli, ed è proprio questa normalità a farne un passaggio così intenso.

Morte: il libro si chiude con una riflessione sul futuro che molti genitori di ragazzi disabili si trovano a fare: cosa succederà a mio figlio quando io non ci sarò più? Non sarebbe forse più umano, un ultimo atto d'amore, andarcene via insieme? Nessun genitore dovrebbe dover pensare a questo possibile futuro, ma non me la sento di condannare chi può aver accarezzato quest'ipotesi contro la prospettiva di una vita di solitudine e abbandono di un ragazzo autistico lasciato a se stesso.

Questo è un libro che si fa leggere, che regala momenti di divertimento, di commozione e di riflessione. Decisamente consigliato a tutti gli educatori e a tutti quelli che cercano di entrare in contatto con gli altri.

E io cosa leggo adesso?

*se interessa la letteratura di genere io consiglio tutti i libri di Billy Bryson, Beppe Severgnini e Tiziano Terzani, sebbene i suoi reportage siano indubbiamente datati.
** ad esempio Nati due volte di Giuseppe Pontiggia o Lo scafandro e la farfalla di Jean-Dominique Bauby sulla sindrome di locked in.

giovedì 1 agosto 2013

I promessi sposi - Alessandro Manzoni (1° pubblicazione 1827, definitiva 1840-2)

Più riguardo a I promessi sposi

Quello che mi piace dei libri è potermene portare via un pezzetto e sapere che il totale non subisce alcun danno. Così i miei libri - decisamente pochi, perché questa maledetta bulimia lettrice non è supportata da fondi e spazi altrettanto vasti - sono tutti infiorettati da sottolineature, rimandi e segnetti speciali che mi fanno cogliere i passi del mio cuore anche ad una veloce occhiata. E dove non posso perché è un sacro prestito bibliotecario (benedetto il paese delle fate da cui vengo in cui il prestito è ancora gratuito in tutte le biblioteche ottimamente assortite) o di qualche amico fidato (nel senso che si fida a prestarmi un suo libro ;) mi troverete a copiare diligentemente le citazioni sul quaderno apposito. Ehi, c'è chi colleziona francobolli... la mia abitudine non è così insana!

Tutto questo per dire che questo libro è letteralmente ricoperto di segni e rimandi e note perché regala brani interi che necessitano di essere ricordati. Senza dimenticare tutto quello che diligentemente riporta ogni brava letteratura (invenzione della struttura del romanzo moderno italiano - e già qui si potrebbe aprire tutta una riflessione sulla scelta di rifarsi al tipico plot dei romanzi alessandrini, unico esempio che si può avvicinare al romanzo in età classica: fidanzati che vogliono sposarsi, separati dal destino, attraversano mille peripezie per poi coronare il loro sogno d'amore... uh, lo sapevano i miei 25 lettori che alla fine Renzo e Lucia si sposano, vero? ;) - riordino dell'italiano per creare una lingua più uniforme rispetto ai dialetti orginali... eccetera eccetera eccetera, su, non tirate fuori la prof che vive dentro di me!), ho trovato che la forza di questo libro siano
  •  le riflessioni modernissime, quelle che riguardano situazioni che tutti una volta nella vita si sono trovati ad affrontare: Manzoni, ad esempio, descrive proprio quelle risposte saccenti in una discussione che però vengono in mente solo sotto la doccia; come difficilmente si conservano i segreti, perché tutti abbiamo un amico fidato a cui raccontarli che, a sua volta, avrà un amico fidato a cui raccontarlo e così via di seguito fino a chi si voleva tenere il segreto celato; il dramma umanissimo di Gertrude, la monaca di Monza, i ricatti affettivi di una famiglia che la ama solo se lei si piega al loro volere - dinamica così tragicamente moderna - e quella delicatezza così poetica, che già segnala Lella Costa, con cui Manzoni, come il più sottile degli ermeneuti, marchia nella memoria di ognuno di noi il momento in cui Gertrude sceglie di non dire di no- con tre parole: La sventurata rispose.  (alle attenzioni di un bulletto qualsiasi che però, finalmente, la vede per la donna che è, quella desiderosa di affetto e sensualità).

  • pezzi di inusitata poesia, come il famoso Addio ai monti di Lucia, in cui la nostalgia per i luoghi amati si mescola con tutta l'ansia degli esuli che se ne devono andare, non per loro volontà, e non vedono possibilità di ritorno... Chissà quanti emigranti, anche tra i miei amici, io compresa, hanno dato il loro addio ai monti rimpiangendo quello che lasciano con il timore di quel che troveranno nella nuova casa, vita, esperienza.
  • personaggi vivi, veri e veritieri, al punto che potrebbero essere trasportati nel presente senza perdere di autenticità.La capacità di fine analisi e tratteggio della psicologia dei suoi personaggi  fa di questi sia persone a tutto tondo che archetipi. Cerco di spiegarmi meglio: ogni personaggio che incontriamo ha un suo preciso passato e un carattere che determina il percorso, e questo fa di lui o lei un essere unico, animato da spinte e convinzioni personali; eppure questo crea, contemporaneamente, un'entità in grado di mostrare, in senso assoluto, cosa un essere umano, inserito in un certo contesto  può, sceglie, o si ostina a fare. Ad esempio, Renzo, il personaggio con cui mi sono trovata più a discutere e contestare, che me l'ha fatto sembrare vivo e attuale a distanza di secoli, sia quelli che mi separano dal suo tempo, che quell'unico che mi separa dalla mentalità di Manzoni. Ecco quello che fa il nostro caro Alessandro, crea personaggi che si muovono agilmente nel 1630 e fa fare e pensare loro cose che potrebbero essere pensate e fatte in qualunque tempo. Infatti Renzo è il tipico bravo ragazzo e onesto lavoratore che non ha mai fatto niente di male, finché l'occasione (e la prepotenza dei signori, non possiamo dimenticarlo) lo trasforma in uno che costringe un curato a sposarlo per forza, che deve obbligare la sua compagna a seguirlo nei suoi colpi di matto, che si mette per strada e in una grande città finisce in una rivolta, arrestato perché si è tradito ubriacandosi, scappa con l'aiuto della folla... tutto questo mentre la sua ragazza e la madre acquisita lo difendono dicendo che è un bravo giovane e non ha mai fatto male a nessuno e non si è mai messo nei guai e tutte queste traversie sono sempre e solo colpa di qualcun altro (o della sua dabbenaggine). Ho solo io la sensazione di sentir descrivere un tipo di ragazzotto comune anche in quest'epoca contemporanea, difeso e protetto e giustificato fino al paradosso dalle donne della sua famiglia? Classico stereotipo di maschio italiano, direte voi, descritto però da un altro uomo di metà '800, rilancio io! 
Concludo con la versione di Renzo che più mi ha fatto ridere e incazzare insieme: Renzo stalker! Immaginatevi la scena: Renzo ritrova Lucia dopo due anni in un lazzareto con la peste che infuria attorno e con Lucia che già si è votata alla Madonna per sfuggire alla prigionia dell'Innominato. Renzo sa di questo voto e più volte gli è stato detto di lasciar perdere, di non pensare più a Lucia che tanto non c'è niente da fare. Per quanto la signorina Mondella abbia la forza di volontà di una piuma in una tempesta, e infatti viene sbattuta di qua e di là come un pacco postale per tutto il romanzo, ha preso questa decisione e ha detto chiaramente al suo, ormai, ex uomo di lasciarla perdere. E cosa fa lui? Le piomba nella capannuccia (sempre in mezzo al lazzareto con la peste che incombe!) e le fa una partaccia dicendo cose irripetibili, tipo: "ma io ti amo, come fai a non amarmi!" "io ti ho aspettato fino adesso, eri promessa a me, non puoi cambiare idea!" "ti sei sbagliata" "i voti come si fanno si disfano!" e poi coinvolge il buon Fra Cristoforo che, con la scusa della Chiesa che è espressione della volontà di Dio, le scioglie il voto d'ufficio!

Niente, Renzo stalker proprio non mi va giù! Però, tranne due capitoli sulla diffusione della peste e il capitolo sulle gride con cui Alessandrino si è voluto far figo dei suoi studi storici, è una lettura divertente, interessante e coinvolgente. Ehi, io volevo proprio sapere cosa succedeva a tutti i personaggi coinvolti e quindi macinavo capitoli per inseguirli per buona parte del nord ovest italiano! Peccato che a scuola sia propinato a forza perché, se siete di quelli che sono sopravvissuti a Il nome della Rosa di Umberto Eco, questo libro potrebbe piacervi molto di più di quanto le noiose ore a dormire sul banco vi possano aver lasciato in ricordo.


Per non smentirmi: e io cosa leggo adesso?







sabato 27 luglio 2013

un altro blog di libri...

Non pretendo sia l'idea più originale al mondo, eh... ma questi mesi di forzata inattività su tutti i fronti mi hanno portato da una parte a divorare libri su libri come non ci fosse domani e dall'altra a perdere neuroni su neuroni che prima si occupavano di inventare allenamenti per le mie squadrette di pallavolo, dribblare richieste al limite del surreale per la donna surreale per cui lavoravo e, beh, sognare una relazione un po' più sana... ehm, ok, questo era un po' troppo personale... riprendendo il filo, visto che l'amore va molto bene, ma il lavoro e gli hobbies così così ho deciso di dare una sveglia ai miei poveri neuroni stanchi e provare a costruirmi un diversivo accattivante.
Così è nato questo blog dove mi impegno a postare la scheda di un libro a settimana - in questo modo cerco di darmi un po' di rigore, visto che solitamente vivo come un gatto pigro  - e provo a raccogliere qualche suggerimento per rispondere alla domanda esistenziale che dà il titolo a questo spazio di condivisione: E IO COSA LEGGO ADESSO?

P.S.Grazie al mio tatini