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Condannata dal vizio della lettura veloce a divorare libri su libri mi sono resa conto che mi piace non solo sfogliarli, annusarli, toccarli, prenderli e darli in prestito, rubarli, nasconderli, regalarli... ma persino parlarne fino all'esaustione.

venerdì 30 maggio 2014

IL GATTOPARDO - Giuseppe Tommasi di Lampedusa (prima ed. 1958 - riveduta 1969)

Più riguardo a Il Gattopardo
Chissà quale strano meccanismo trasforma la letteratura italiana in un mostro noioso e da mandar giù se proprio si deve... perché è un po' questa la sensazione che raccolgo in giro quando mi capita di confessare di leggere classici italiani. Forse è la classica reazione da oddei, me lo fanno leggere a scuola, sarà sicuro pesantissimo e noioso! 
Ammettiamolo, ci caschiamo tutti; tutti, una volta o l'altra, abbiamo dato per scontato che se è citato nella mia letteratura allora è una roba illeggibile.
Persino io, che sono laureata in Lettere Moderne, ho guardato con sospetto questo libro (e molti altri capolavori come Il deserto dei Tartari  di Dino Buzzati) solo perché era nell'indice della mia letteratura e trattava di uno dei periodi storici meno studiati e amati dagli studenti italiani: il Risorgimento.
Quindi, ricapitolando: un libro del '900 italiano, della seconda metà del secolo, proprio quella che a scuola non si fa neanche per sbaglio, che ambienta la sua storia durante il Risorgimento, con un'Italia appena unita, e che parla di un nobile siciliano. Ecco, tutti gli ingredienti giusti per non aprirlo neanche un libro così.
Ecco che, così facendo, perdete una vera e propria chicca, una di quelle che ti riappacifica con il mondo (e mi fa credere di non aver buttato via tempo ed energie con il mio corso di studi).
Per quanto riguarda la storia, seguiamo la vita e le riflessioni del Principe Salina proprio nel momento in cui la Sicilia viene annessa al neonato Regno d'Italia. Il principe ci mostra un punto di vista disincantato e acuto su questo nuovo regno, tanto simile ai Borboni, è solo cambiato il nome di chi vuole comandare e che non conosce la poliedrica realtà della Sicilia fatta di sole, mare, terre brulle e gente di pietrosa o florida proprio come la terra che abitano.
 La lingua di Tommasi di Lampedusa è limpida e le metafore sono di un'acutezza e poeticità che commuove e il libro scorre via, proprio come scorre via la vita del  Principe e ci fa affezionare a questo nobile che conosce la vita e non si nasconde che sia finita un'epoca e che lui non fa parte e non vuole fare parte di questo progresso che sembra invadere e non lasciare tregua.
Tommasi di Lampedusa ci racconta la Sicilia della fine dell'Ottocento che non è molto diversa dalla Sicilia di oggi con i suoi segreti, le sue ritualità, le sue idiosincrasie. Mi ha mostrato una Sicilia non da cartolina (Donnafugata, il podere in campagna del Gattopardo non è proprio quel delizioso borgo che ci si può aspettare), una Sicilia dura, una Sicilia orgogliosa, una Sicilia maliziosa e trafficona. Ha il merito di aver tratteggiato un personaggio che si muove in un dato ambiente e che senza quell'ambiente perde di significato (a differenza del mio siciliano preferito -Pirandello- che racconta storie senza dare all'ambiente nessun ruolo, Agrigento o Milano, per lui è uguale).

Ancora una volta il Principe si trovò di fronte a uno degli enigmi siciliani. In questa isola segreta dove le case sono sbarrate e i contadini dicono d'ignorare la via per andare al paese nel quale vivono e che si vede lì sul colle a dieci minuti di strada, in quest'isola, malgrado l'ostentato lusso di mistero, la riservatezza è un mito. 
 pg. 54 

Lo consiglio vivamente a chiunque perché è una lettura che non annoia, che racconta una bella storia con un linguaggio ricercato ma non pedante e che tratteggia un punto di vista interessante sul controverso momento storico che ha segnato l'unità d'Italia voluta dagli intellettuali e per niente capita dalle masse.

E io cosa leggo adesso?