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Condannata dal vizio della lettura veloce a divorare libri su libri mi sono resa conto che mi piace non solo sfogliarli, annusarli, toccarli, prenderli e darli in prestito, rubarli, nasconderli, regalarli... ma persino parlarne fino all'esaustione.

venerdì 6 gennaio 2017

Una barca nel bosco - Paola Mastrocola (2004)

Ho letto Una barca nel bosco con dodici anni di ritardo... non perché sia la lettura del secolo che può cambiarti la vita se la fai al momento giusto (per me è stato Uno, nessuno e centomila letto a 18 anni) ma perché questo libro avrebbe avuto molto più senso nei primi anni 2000 e, purtroppo, si sente che è invecchiato, non malissimo ma non bene, ecco. 
Più riguardo a Una barca nel bosco


La storia è quella di un ragazzo dotato che dall'isola di pescatori in cui è nato viene mandato a Torino a fare il liceo, perché studiare al nord in un liceo vuol proprio dire studiare davvero.
Peccato che subito si scontri con una scuola che non è pronta ad accogliere i talentuosi e cerca di livellare tutto e tutti verso il basso attraverso l'idea che non si deve davvero studiare ma solo partecipare a questa scuola stimolante e moderna.

La storia ha poi una svolta lirica tutta centrata nell'ansia dell'attesa di una ragazza francese in scambio culturale. Qui la narrazione si interrompe e ritroviamo il protagonista gestore di un bar che racconta la sua vita trascorsa da quel desideratissimo incontro alla situazione attuale. Purtroppo la vicenda prende una direzione di realismo magico sudamericano che disorienta.

Direi che questo romanzo può essere diviso in tre parti:

1. Primi anni di liceo con disorientamento e difficoltà a inserirsi in un ambiente sociale ed economico molto diverso e varie mancanze della scuola, soprattutto di serietà da parte del corpo insegnanti.

2. L'attesa di Corinne che diventa un'attesa mitica

3. La maturità con il realismo magico e la barca nel bosco con flashback esplicativi.

La maggior critica che ho già abbozzato all'inizio è di essere troppo legata al suo anno di pubblicazione.  Parla di mode di ragazzi di dieci anni fa quando la moda è un fatto passeggero e volatile e ha avuto un'accelerazione inaudita soprattutto in campo tecnologico che forse nessuno si aspettava.  Parla degli SMS e degli squilli come se fossero la novità del momento... credo che i sedicenni di oggi non sappiamo neanche cosa sia un SMS.  Sicuramente una roba da vecchi.
Adesso non convince, forse all'uscita è stata vista come la fotografia accurata della realtà della prima decade del terzo millennio.

Altro punto in cui questo libro mi sembra carente è la critica molto superficiale e banale al sistema scuola. Il quadro che ne esce è che la scuola contemporanea sia fatta a misura di fighetto che non ha voglia di studiare e che deve essere coinvolto, stimolato, divertito e supportato. Di contro solo la buona scuola di una volta in cui si imparava tutto a memoria, dove i voti erano una cosa seria a cui bisognava sacrificare ore chinati sui libri si può dire scuola seria. Insomma, una volta sì che si studiava, non adesso che sono tutti dei debosciati. Questa nostalgia per un tempo mitico in cui tutto era meglio mi fa venire un po' di orticaria...

La trovo un'analisi un po' troppo semplicistica del sistema scuola; è vero che le nuove generazioni sembrano sprofondare in una voragine di ignoranza da cui solo pochissimi si ergono con sforzi titanici; ma non si può dire che non ci siano insegnanti preparati e volenterosi che si prendono a cuore questi giovani e che non li vogliono a tutti i costi omologati e inseriti.

Continuando la lettura si può vedere come le altre due parti sono costruite su un flashback: lasciamo Gaspare in attesa di Corinne con un sacco di sogni e lo ritroviamo dietro il bancone di un bar a servire cappuccini. Insomma, da eroe senza macchia e senza paura che aspetta la sua bella francesina che non potrà altro che innamorarsi di lui e... barista.

 Il resto del libro serve a spiegare cos'è successo nel frattempo. Lutti, delusioni accademiche, passioni botaniche... tutto serve a portare a quel momento e alla costruzione del Boscomondo, che rappresenta la svolta magica incomprensibile di un libro fino a quel momento abbastanza comprensibile.

Essere una barca nel bosco è proprio come essere un pesce fuor d'acqua... quindi viene ben descritto quel senso di inadeguatezza alla realtà che prende questo giovane quando si scontra con un mondo che non è più quello protetto dell'isola (Ah, che nostalgia per L'isola di Arturo a cui speravo di paragonare questo libro...); però... però non mi ha convinto fino in fondo. Mi ha dato l'impressione di essere costruito ad arte per parlare a quegli adulti che vogliono parlare a quegli alieni che si chiamano adolescenti. Ecco, c'è troppa condiscendenza in questo libro. 
Mi urta.

Consiglio di lettura: piuttosto L'isola di Arturo.

Cosa leggo adesso?

2 commenti:

  1. Ho letto questo libro credo nel 2008, ricordo che mi aveva messo addosso un'angoscia incredibile. Nel risvolto di copertina lasciava intendere un "riscatto finale"... Il protagonista doveva essere un latinista all'università, e si ritrova a fare cosa?!
    Ne aveva assolutamente le capacità, invece: spianato, preso nell'ingranaggio.
    Grande angoscia!

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    Risposte
    1. Forse non era quella davvero la sua strada... non lo so, ho trovato questo libro vecchio vecchio vecchio e senza niente da dire davvero.

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