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Condannata dal vizio della lettura veloce a divorare libri su libri mi sono resa conto che mi piace non solo sfogliarli, annusarli, toccarli, prenderli e darli in prestito, rubarli, nasconderli, regalarli... ma persino parlarne fino all'esaustione.

sabato 5 gennaio 2019

Ninfee nere - Michel Bussi (2011)


Questo libro ed io ci siamo girati attorno per un po' nel classico tiraemolla di ti prendo, non ti prendo, ho tanti libri da leggere, ma è super consigliato.
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Alla fine, complice una razzia da orda barbara in una libreria dell'usato, l'ho preso e, ovviamente, letto.
Devo dare una riflessione preliminare: tutti i libri di genere - fantasy, giallo, fantascienza ecc. - soffrono tragicamente dell sindrome dell'originalità ad ogni costo. Quello che intendo è che scrivere un libro che si può inquadrare in un certo genere pone dei paletti ben precisi, il vero talento è partire da presupposti noti per offrire uno spunto originale, sorprendente. Ad esempio il giallo, categoria in cui va inserito questo libro,  ha tutte una serie di regole e meccanismi (delitto che porta ad un'indagine - colpo di scena - risoluzione del mistero) da cui non ci si può discostare per non tradire il genere. 
Conseguenza è che anche in questo libro c'è un omicidio, che ne evoca un più antico e sembra provocarne un altro che però nessuno sembra riconoscere come tale; un'indagine, che ad un certo punto triplica coinvolgendo il titolare della polizia, un ispettore in pensione e la voce narrante che ha molte più informazioni di quelle che condivide con il lettore e segue la storia con quello che sembra una curiosità appassionata; più di un mistero e un tesoro nascosto e poi lo svelamento che distrugge tutte le certezze dei lettori.

So che sembra molto complicato e posso dire che diventa appassionante solo quando, appena finito, lo si guarda nella globalità. Devo ammettere che per tre quarti mi è sembrato un libro banalotto che si faceva leggere ma che non mi dava niente di più di bellissimi paesaggi e un ricordo romanzato del magico ritiro a Giverny di Monet. Si è totalmente in balia del punto di vista e quindi delle informazioni che la donna anziana che fa da narratrice decide di svelarci e piano piano ci si rende conto che non è un'osservatrice neutrale ed esterna alla storia, anzi, ha molti interessi e molti segreti da nascondere.
Solo nella conclusione, che ovviamente non svelerò, tutti i pezzi del puzzle si incastrano e il quadro torna a essere chiaro.

Consiglio di lettura: l'idea è molto bella, l'ambiente è estremamente ben pennellato e la scelta di legarlo ad un pezzo di storia dell'arte così affascinante è ben riuscito. Non posso dire però che sia un capolavoro che tiene avvinti alle pagine e da cui non ci si può staccare. L'ho finito (e ho vinto il premio della conclusione davvero ben congegnata) solo per pura forza d'animo. Non è noioso, solo un po' inutile per la maggior parte del tempo.
Consiglio però di resistere resistere resistere per farsi stupire dalla soluzione del mistero. Il tocco di originalità che riscatta una lettura che oso dire mediocre.

E io cosa leggo adesso?

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