Leggere Lolita a Teheran tempo non è un romanzo, ma vorresti che lo fosse.
Racconta cosa vuol dire essere una donna istruita in Iran ed essere irrimediabilmente innamorata della letteratura anglofona.
Racconta anche cosa vuol dire essere una donna al tempo della transizione dalla monarchia assoluta ma aperta all'occidente dello Scià alla dittatura religiosa dell'ayatollah Khomeini.
Racconta, soprattutto, cosa vuol dire essere una donna - indipendentemente dal grado di istruzione e dalle convinzioni religiose - costretta a vivere in una società che vede il femminile come il male e che applica il controllo sociale ad ogni aspetto della vita, sia pubblica che privata.
Il gruppo di ragazze che l'autrice invita a casa per dei seminari di letteratura americana sono uno spaccato delle donne iraniane degli anni '90 e, allo stesso tempo, potrebbero essere ognuna di noi. Infatti Azar Nafisi non solo ci racconta perché è importante leggere Lolita a Teheran, ma racconta anche la vita e le scelte delle sue studentesse, ragazze nate sotto la dittatura religiosa e che non hanno visto, come lei, quello che c'era prima. E' sconvolgente seguire la spirale dittatoriale in cui si avvita la società iraniana, da una monarchia aperta all'occidente in cui le donne hanno tutti i diritti civili - votare, sposarsi con chi desiderano, vestire e comportarsi come vogliono, accedere all'istruzione superiore e universitaria senza discriminazioni e ricoprire ruoli di prestigio - alla perdita totale di libertà private - dall'abbigliamento alle relazioni tra i sessi.
Quello che davvero mi ha colpito è stata la semplicità con cui quello che io considero diritti inalienabili siano stati tolti a diverse generazioni di donne con la scusa della sicurezza della "rivoluzione politica". La generazione dell'autrice ha provato a lottare, ma è stata incarcerata e ammutolita. La generazione delle sue studentesse è nata sotto la dittatura e danno l'idea di essere più... rassegnate.
Mi sono chiesta cosa vorrebbe dire per me e per le donne attorno a me vedersi portar via i diritti uno alla volta e rischiare di finire in carcere per una parola sbagliata o per aver manifestato la mia indignazione. Decisamente non è una domanda a cui è facile rispondere...
L'altra domanda che serpeggia per tutto il libro è: restare o andarsene?
Restare e tenere duro oppure andarsene per avere una vita migliore?
Altra domanda a cui non ho davvero la capacità di rispondere. Perché deve essere straziante dover rinunciare alla propria nazione perché questa non ti vuole e ogni dissenso è stroncato. Amare così tanto il proprio paese e non poter far nulla per renderlo migliore per sé e per i propri figli e figlie.
Consiglio di lettura: questo libro è uno schiaffo. Uno schiaffo che consiglio a tutti perché abbiamo bisogno di letture come queste, sia per capire l'importanza capitale della letteratura nella vita civile, sia perché è importante conoscere la vita degli altri per accendere quell'empatia necessaria a non farci dimenticare cosa vuol dire dover vivere la propria vita in clandestinità.
E io cosa leggo adesso?
Racconta cosa vuol dire essere una donna istruita in Iran ed essere irrimediabilmente innamorata della letteratura anglofona.
Racconta anche cosa vuol dire essere una donna al tempo della transizione dalla monarchia assoluta ma aperta all'occidente dello Scià alla dittatura religiosa dell'ayatollah Khomeini.
Racconta, soprattutto, cosa vuol dire essere una donna - indipendentemente dal grado di istruzione e dalle convinzioni religiose - costretta a vivere in una società che vede il femminile come il male e che applica il controllo sociale ad ogni aspetto della vita, sia pubblica che privata.
Il gruppo di ragazze che l'autrice invita a casa per dei seminari di letteratura americana sono uno spaccato delle donne iraniane degli anni '90 e, allo stesso tempo, potrebbero essere ognuna di noi. Infatti Azar Nafisi non solo ci racconta perché è importante leggere Lolita a Teheran, ma racconta anche la vita e le scelte delle sue studentesse, ragazze nate sotto la dittatura religiosa e che non hanno visto, come lei, quello che c'era prima. E' sconvolgente seguire la spirale dittatoriale in cui si avvita la società iraniana, da una monarchia aperta all'occidente in cui le donne hanno tutti i diritti civili - votare, sposarsi con chi desiderano, vestire e comportarsi come vogliono, accedere all'istruzione superiore e universitaria senza discriminazioni e ricoprire ruoli di prestigio - alla perdita totale di libertà private - dall'abbigliamento alle relazioni tra i sessi.
Quello che davvero mi ha colpito è stata la semplicità con cui quello che io considero diritti inalienabili siano stati tolti a diverse generazioni di donne con la scusa della sicurezza della "rivoluzione politica". La generazione dell'autrice ha provato a lottare, ma è stata incarcerata e ammutolita. La generazione delle sue studentesse è nata sotto la dittatura e danno l'idea di essere più... rassegnate.
Mi sono chiesta cosa vorrebbe dire per me e per le donne attorno a me vedersi portar via i diritti uno alla volta e rischiare di finire in carcere per una parola sbagliata o per aver manifestato la mia indignazione. Decisamente non è una domanda a cui è facile rispondere...
L'altra domanda che serpeggia per tutto il libro è: restare o andarsene?
Restare e tenere duro oppure andarsene per avere una vita migliore?
Altra domanda a cui non ho davvero la capacità di rispondere. Perché deve essere straziante dover rinunciare alla propria nazione perché questa non ti vuole e ogni dissenso è stroncato. Amare così tanto il proprio paese e non poter far nulla per renderlo migliore per sé e per i propri figli e figlie.
Consiglio di lettura: questo libro è uno schiaffo. Uno schiaffo che consiglio a tutti perché abbiamo bisogno di letture come queste, sia per capire l'importanza capitale della letteratura nella vita civile, sia perché è importante conoscere la vita degli altri per accendere quell'empatia necessaria a non farci dimenticare cosa vuol dire dover vivere la propria vita in clandestinità.
E io cosa leggo adesso?
Più o meno gli stessi pensieri che mi aveva suscitato Persepolis... E che forza d'animo queste donne iraniane che nonostante tutto non si danno per vinte!
RispondiEliminaMi ha messo proprio di fronte alla domanda "cosa farei io nella stessa situazione?"
EliminaE' davvero difficile dare una risposta... Persepolis è proprio da vedere e da leggere.