Peccato, perché poteva essere un libro potenzialmente molto bello e intenso e invece ha buttato dentro un sacco di idee e spunti e li ha trattati tutti molto superficialmente. Dà proprio quell'impressione brutta di aver dovuto concludere in fretta e pubblicare per non perdere chissà quale vantaggio puramente economico.
Il libro racconta le vicende intrecciate di Irina e Alma, rispettivamente lavoratrice e ospite di una struttura per anziani autosufficienti e non di Berkeley. Già l'ambientazione è affettata, per conto mio. Non è una normale casa di riposo, no... è una struttura che accoglie ex intellettuali, sessantottini, radical chic con i capelli bianchi che hanno a disposizione una assistente che si occupa di tutto quello che farebbe una brava segretaria tuttofare, dall'affrontare la cattiva e insensibile burocrazia fino ad organizzare il funerale agnostico, buddista, responsabile e civile che ogni anziano vuole. Un po' troppo fuori dall'ordinario, secondo me.
Si ricostruisce la vita di Alma, dalla fuga da Varsavia durante la seconda guerra mondiale perché figlia di una famiglia di ebrei possidenti, alla scelta consapevole e volontaria di ritirarsi con il minimo indispensabile in questa comune per ricchi. Si attraversa la vita di questa donna piena di interessi e di passioni a ritroso, sfruttando l'idea di ricostruirne le memorie per un nipote che si innamora di Irina, immigrata lei stessa, molto giovane ma con un passato pesante e "misterioso" alle spalle. L'amante giapponese del titolo è un ragazzo, figlio del giardiniere di famiglia, che Alma conosce da bambina e a cui rimarrà legata prima da un affetto adorante e poi da una passione travolgente che durerà per tutta la loro vita.
Le tematiche che affronta meriterebbero ognuna un romanzo a parte: la vita di Alma - dalla fuga durante la seconda guerra mondiale e la fine della sua famiglia d'origine, fino alla nuova famiglia in America in un ambiente esclusivo e stimolante -; la vita e la tragedia di Irina, liquidata in un paragrafo in cui viene svelato il suo segreto solo per giustificare tutta la ritrosia della ragazza (non parlo in maniera esplicita per lasciarvi un minimo di attesa e mistero...); la vita e l'esperienza di Ichimei: cosa vuol dire essere un giapponese di seconda generazione in America dopo Pearl Harbor? I campi di detenzione e poi cercare di ricostruire la propria identità di nippoamericani, in bilico tra tradizione e cambiamento.
Troppo, tutto insieme. Peccato, perché con un po' più di respiro e un po' di approfondimento psicologico sarebbe stato proprio un bel libro.
L'unica tematica ben sviluppata, secondo me, è quella della vita in vecchiaia. Alcuni spunti sono davvero interessanti, come la vita di relazione, la sessualità degli anziani, il desiderio di sentirsi vivi al di là del dolore o della fatica di vivere, il desiderio di amicizia.
Consigli di lettura: se non avete letto La casa degli spiriti, se non volete impegnarvi troppo, se una classica storia di matrimoni per convenienza e passioni travolgenti non vi dispiace, ecco, questo è il libro per voi. Non c'è molto altro, peccato.
E io cosa leggo adesso?
Il libro racconta le vicende intrecciate di Irina e Alma, rispettivamente lavoratrice e ospite di una struttura per anziani autosufficienti e non di Berkeley. Già l'ambientazione è affettata, per conto mio. Non è una normale casa di riposo, no... è una struttura che accoglie ex intellettuali, sessantottini, radical chic con i capelli bianchi che hanno a disposizione una assistente che si occupa di tutto quello che farebbe una brava segretaria tuttofare, dall'affrontare la cattiva e insensibile burocrazia fino ad organizzare il funerale agnostico, buddista, responsabile e civile che ogni anziano vuole. Un po' troppo fuori dall'ordinario, secondo me.
Si ricostruisce la vita di Alma, dalla fuga da Varsavia durante la seconda guerra mondiale perché figlia di una famiglia di ebrei possidenti, alla scelta consapevole e volontaria di ritirarsi con il minimo indispensabile in questa comune per ricchi. Si attraversa la vita di questa donna piena di interessi e di passioni a ritroso, sfruttando l'idea di ricostruirne le memorie per un nipote che si innamora di Irina, immigrata lei stessa, molto giovane ma con un passato pesante e "misterioso" alle spalle. L'amante giapponese del titolo è un ragazzo, figlio del giardiniere di famiglia, che Alma conosce da bambina e a cui rimarrà legata prima da un affetto adorante e poi da una passione travolgente che durerà per tutta la loro vita.
Le tematiche che affronta meriterebbero ognuna un romanzo a parte: la vita di Alma - dalla fuga durante la seconda guerra mondiale e la fine della sua famiglia d'origine, fino alla nuova famiglia in America in un ambiente esclusivo e stimolante -; la vita e la tragedia di Irina, liquidata in un paragrafo in cui viene svelato il suo segreto solo per giustificare tutta la ritrosia della ragazza (non parlo in maniera esplicita per lasciarvi un minimo di attesa e mistero...); la vita e l'esperienza di Ichimei: cosa vuol dire essere un giapponese di seconda generazione in America dopo Pearl Harbor? I campi di detenzione e poi cercare di ricostruire la propria identità di nippoamericani, in bilico tra tradizione e cambiamento.
Troppo, tutto insieme. Peccato, perché con un po' più di respiro e un po' di approfondimento psicologico sarebbe stato proprio un bel libro.
L'unica tematica ben sviluppata, secondo me, è quella della vita in vecchiaia. Alcuni spunti sono davvero interessanti, come la vita di relazione, la sessualità degli anziani, il desiderio di sentirsi vivi al di là del dolore o della fatica di vivere, il desiderio di amicizia.
Consigli di lettura: se non avete letto La casa degli spiriti, se non volete impegnarvi troppo, se una classica storia di matrimoni per convenienza e passioni travolgenti non vi dispiace, ecco, questo è il libro per voi. Non c'è molto altro, peccato.
E io cosa leggo adesso?
Nessun commento:
Posta un commento
consigli di lettura?