Non è la copertina dell'edizione che ho letto io ma anche questa è un bel po' inquietante.
Di Simmons ho letto tanto e il mio cuore sarà sempre legato all'immaginifico ciclo di Hyperion ed Endymion, ma anche altri suoi libri mi hanno regalato brividi, commozione, incubi e notti insonni per leggere un altro capitolo ancora.
Uno di questi è proprio L'estate della paura.
L'ho riletto da poco, dopo averlo letto più di dieci anni fa, e devo dire che non ha tradito le aspettative.
La storia è presto raccontata: estate, un gruppetto di ragazzini, morti inspiegate, una serie di adulti inquietanti, un segreto e un terrificante edificio abbandonato. Gli ingredienti per un bel librone truce ci sono tutti e vengono ben impiegati per tenermi incollata alla pagina.
Con un occhio un po' meno innamorato e un po' più critico, si potrebbe segnalare una serie di punti di contatto con It di Stephen King: l'estate come stagione di passaggio tra infanzia e adolescenza, gruppo di bambini che vivono orrori oltre ogni sopportazione e sopravvivono, un mostro che pulsa nel cuore malato di una città e ne avvelena abitanti e paesaggi, un segreto che si tramanda nelle generazioni. Certo, Dan Simmons deve pagare il suo tributo al maestro dell'horror, ma non è una mera scopiazzatura.
Trovo mirabili alcune delle trovate orrorifiche tra cui la descrizione del camion del custode carico di carogne che trasuda ondate di putrescenza in grado di colpire fisicamente; il brulicare delle larve e lo sfaldarsi delle carni marcescenti mi fanno ancora salire un conato. Un altro pezzo di bravura è la descrizione della morte di un personaggio travolto da una mietitrebbiatrice senza conducente... anche a causa del personaggio, questo è uno dei pezzi che più mi stringe il cuore. Da segnalare anche il soldato fantasma e le tane dei vermoni giganti (lo so che detto così fa un po' ridere, ma la descrizione è quella dell'interno di uno stomaco che pulsa e rumoreggia in attesa che qualcosa ci cada dentro per digerirlo); trovarsene una sotto il portico di casa deve essere un bel po' spaventoso. Dan Simmons conferma la sua capacità di far vivere l'orrore coinvolgendo tutti i sensi (ah, la crocifissione sull'albero di spine con il pulsare del rosso crucimorfo... eh, il primo Hyperion non si scorda mai).
Il personaggio meglio riuscito secondo me è Duane, il ragazzino iperdotato, figlio di un iperdotato traumatizzato dalla vita che si è ritirato nella campagna più profonda in un eremitaggio forzato con la sola compagnia delle sue invenzioni, la bottiglia e questo figlio tanto amato ma così poco capito. Fa una tenerezza disarmante il tentativo malestro di Duane di rendersi invisibile e innocuo al punto che a scuola lo considerano un rozzo contadinotto sempre vestito, estate e inverno, con pantaloni di velluto e una camicia a quadri con le maniche lunghe. Eppure dietro questa immagine c'è una mente acutissima che è dovuta crescere troppo in fretta per prendersi cura di sé e di un padre che non si è mai ripreso dalla morte della moglie, trovando solo nella sua collezione di radioline quella gioia infantile di avere qualcosa tutto per sé. Attraverso il suo pensiero e le sue scoperte l'indagine del mistero prende forma e si avvia alla soluzione; sarà infatti proprio lui a scoprire cosa c'è dietro alle sparizioni misteriose e agli orrori che si sono risvegliati nella cittadina.
Da lettrice piango ancora il suo destino... eppure non poteva che andare così.
La scelta invece peggio riuscita è, secondo me, la scelta della fonte dell'orrore. DA QUI SPOILER. Nell'ambiente dell'America rurale degli anni '50, in piena guerra fredda, con il primo satellite russo che sta per essere lanciato, l'orrore nella scuola è una cavolo di campana dei Borgia? Ma da dove diamine gli è venuta fuori la trovata del possidente che si fa un giro in Italia e che come souvenir si fa mandare una campana? Ma poi perché dei Borgia? Perché la vox populi li ha dipinti come il male incarnato?
Non capisco proprio questa sua scelta, come se d'un tratto gli fosse venuto un attacco di saccenza intellettualoide in un romanzo di genere che non aveva certo né bisogno né i presupposti per questa uscita da storico del pettegolezzo. FINE SPOILER
Al di là degli sfoghi per le scelte non proprio azzeccate, credo che questo sia un libro gradevolissimo che merita il vostro tempo per una lettura di piacevole svago. Da segnalare anche una specie di seguito che in italiano è intitolato L'inverno della paura (mentre il titolo originale, molto più coerente con la storia è A Winter Houting... gli editori italiani danno l'impressione di considerare i loro lettori come mucche da indirizzare con segnali brevi e semplici) che riprende due dei personaggi principali.
Consigli di lettura: Dan Simmons è sempre consigliatissimo, nonostante i suoi alti e bassi. In questo caso direi che è suggerito a chi ha voglia di un bel horror ambientato in quell'America lontana in cui le casette, da fuori, sembrano tutte linde e pulite con il loro steccato bianco e l'apple pie che si raffredda sulla finestra della cucina e invece, dentro, nascondono cadaveri semoventi di maestre putrescenti che riluccicano di un bagliore livido.
Il personaggio meglio riuscito secondo me è Duane, il ragazzino iperdotato, figlio di un iperdotato traumatizzato dalla vita che si è ritirato nella campagna più profonda in un eremitaggio forzato con la sola compagnia delle sue invenzioni, la bottiglia e questo figlio tanto amato ma così poco capito. Fa una tenerezza disarmante il tentativo malestro di Duane di rendersi invisibile e innocuo al punto che a scuola lo considerano un rozzo contadinotto sempre vestito, estate e inverno, con pantaloni di velluto e una camicia a quadri con le maniche lunghe. Eppure dietro questa immagine c'è una mente acutissima che è dovuta crescere troppo in fretta per prendersi cura di sé e di un padre che non si è mai ripreso dalla morte della moglie, trovando solo nella sua collezione di radioline quella gioia infantile di avere qualcosa tutto per sé. Attraverso il suo pensiero e le sue scoperte l'indagine del mistero prende forma e si avvia alla soluzione; sarà infatti proprio lui a scoprire cosa c'è dietro alle sparizioni misteriose e agli orrori che si sono risvegliati nella cittadina.
Da lettrice piango ancora il suo destino... eppure non poteva che andare così.
La scelta invece peggio riuscita è, secondo me, la scelta della fonte dell'orrore. DA QUI SPOILER. Nell'ambiente dell'America rurale degli anni '50, in piena guerra fredda, con il primo satellite russo che sta per essere lanciato, l'orrore nella scuola è una cavolo di campana dei Borgia? Ma da dove diamine gli è venuta fuori la trovata del possidente che si fa un giro in Italia e che come souvenir si fa mandare una campana? Ma poi perché dei Borgia? Perché la vox populi li ha dipinti come il male incarnato?
Non capisco proprio questa sua scelta, come se d'un tratto gli fosse venuto un attacco di saccenza intellettualoide in un romanzo di genere che non aveva certo né bisogno né i presupposti per questa uscita da storico del pettegolezzo. FINE SPOILER
Al di là degli sfoghi per le scelte non proprio azzeccate, credo che questo sia un libro gradevolissimo che merita il vostro tempo per una lettura di piacevole svago. Da segnalare anche una specie di seguito che in italiano è intitolato L'inverno della paura (mentre il titolo originale, molto più coerente con la storia è A Winter Houting... gli editori italiani danno l'impressione di considerare i loro lettori come mucche da indirizzare con segnali brevi e semplici) che riprende due dei personaggi principali.
Consigli di lettura: Dan Simmons è sempre consigliatissimo, nonostante i suoi alti e bassi. In questo caso direi che è suggerito a chi ha voglia di un bel horror ambientato in quell'America lontana in cui le casette, da fuori, sembrano tutte linde e pulite con il loro steccato bianco e l'apple pie che si raffredda sulla finestra della cucina e invece, dentro, nascondono cadaveri semoventi di maestre putrescenti che riluccicano di un bagliore livido.
Io ho letto questo libro dopo "L'inverno della paura". Se si accetta che il primo altri non sia che il libro scritto dal protagonista del secondo, allora ha senso anche la campana maledetta italiana, perché l'Italia ha un pezzo importante nel cuore dell'autore... Oddio, forse io l'ho interpretato così alla luce del secondo romanzo, che rende il tutto deliziosamente metaletterario...
RispondiEliminaDevo dire che ho riletto L'estate della paura per leggere L'inverno della paura che non avevo mai preso in mano. Concordo sul "deliziosamente metaletterario" però non riuscirai a convincermi che c'era tutta quell'intenzionalità visto che i due libri sono separati da undici anni. Magari li aveva progettati assieme, ma a me stona davvero tanto quella campana...
EliminaDi certo è un effetto amplificato dall'ordine in cui io li ho letti quindi non saprei se c'era intenzionalità a monte o è stata inserita apposta l'Italia nel secondo. In ogni caso sui due libri la cosa torna abbastanza...
EliminaTra l'altro leggevo (ma non so se la notizia sia fondata) che non ci sia una filiazione diretta tra questo libro e It e che l'evidente convergenza abbia stupito molo i due autori (come il solito non ricordo la fonte, quindi da prendere con le molle...)
Ehm... mi sa proprio che non lo leggerò...
RispondiEliminaMa nooo! A me è piaciuto tanto e secondo me potrebbe piacere anche a te. Non mi pare che l'horror non sia nelle tue corde...
EliminaLeggi Hyperion!
EliminaSono d'accordo con Tenar, leggi Hyperion!!
EliminaL'horror NON è nelle mie corde! (escludi la parte "distruggi abomini" che è in me...)
RispondiEliminaMI piace Poe, ma è diverso: c'è più "distacco", non so come definirlo... non mi mette ansia, ecco. Non è horror...
A Natale, se tutta va liscio, mi leggo Hyperion. Me lo prestate???